Mohammad Najafi è un avvocato iraniano conosciuto per aver difeso diversi prigionieri politici nel suo paese.
Nel gennaio del 2018, l’avvocato ha informato i media del caso di Vahid Heydari morto nella prigione di Arak all’inizio del 2018, dopo essere stato arrestato il 31 dicembre del 2017 a seguito della partecipazione ad alcune manifestazioni. All’epoca le autorità avevano parlato di suicidio, come nel caso di Kavous Seyed-Emami, militante ecologista canadese e di Sina Ghanbari, entrambi morti in prigione. Mohammad Najafi si era allora recato a Shazand e aveva condotto delle indagini; aveva poi pubblicato su Instagram le sue conclusioni secondo le quali Heydari era stato ucciso da alcuni agenti durante la detenzione.
Mohammad Najafi è stato arrestato e rilasciato solo il 17 aprile 2018, a seguito del pagamento di una cauzione di un milione di toman (circa 237.000€). In maggio, l’avvocato ha raccontato al Centro per i diritti umani in Iran che un membro dei Guardiani della rivoluzione gli aveva detto esplicitamente che le autorità lo avrebbero paralizzato e trattenuto costantemente.
Nell’ottobre 2018 Mohammad Najafi è stato arrestato di nuovo e posto in stato di detenzione; è stato condannato a 3 anni di detenzione e 74 frustrate per “Disturbo allo Stato” e “pubblicazione di menzogne”.
Malgrado alcune dichiarazioni alla stampa da parte del giudice Abdollahi (che ha confermato la condanna dell’avvocato in appello) che affermava che Mohammad Najafi lavorava “all’unisono con degli oppositori dello Stato e dei nemici giurati del popolo iraniano”, nessuna prova è stata fornita in questo senso.
La repressione subita dall’avvocato non ha fatto che amplificarsi poiché l’11 dicembre 2018 è stato di nuovo condannato dal Tribunale rivoluzionario di Arak a 13 anni di prigione supplementare (10 anni per la “collaborazione con Stati nemici attraverso il passaggio di informazioni nelle interviste, 2 anni per «propaganda contro lo Stato » e 1 anno per « nsulti alla guida suprema »).
Qualche giorno più tardi, il 15 dicembre l’avvocato è stato inoltre condannato ad un anno di prigione supplementare dal tribunale penale di Shazand per “pubblicazione di menzogne su internet (…) con l’intento di disturbare l’opinione pubblica”. In particolare per una lettera pubblicata dall’avvocato su Facebook nel settembre del 2018, che criticava la Guida suprema Ali Khamenei.
Secondo il suo avvocato, le molteplici accuse sulle quali si basano le accuse pronunciate contro Mohammad Najafi riducono le possibilità che ha quest’ultimo di ottenere una scarcerazione anticipata. In effetti, secondo l’art. 134 del Codice penale iraniano, in caso di condanna per più di 3 infrazioni, il giudice può eccedere le pena massima incorsa per ciascuna delle accuse. Attraverso questo meccanismo la giustizia iraniana ha inflitto una condanna estremamente pesante a Nasrin Sotoudeh.
Il 1° aprile 2019, Nasrin Sotoudeh è stato di nuovo arrestato dopo essere stato liberato 4 giorni prima dalla prigione di Arak.
L’OIAD condanna fermamente la repressione subita da Mohammad Najafi ed esorta le autorità iraniane a liberarlo immediatamente senza condizioni, così come Nasrin Sotoudeh, Amir Salar Davoodi e tutti gli avvocati iraniani perseguiti ingiustamente e/o arrestati per aver legittimamente esercitato la loro professione.
L’OIAD invita di conseguenza le autorità iraniane a rispettare i principi elementari relativi ai diritti della difesa e a ritirare la lista dei 20 avvocati nominati dallo Stato ai quali devono esclusivamente rivolgersi le persone accusate di crimini contro la sicurezza nazionale.
Le autorità iraniane devono rispettare i Principi fondamentali delle Nazioni Unite relative al ruolo degli Ordini (1990) secondo cui “Le autorità assicurano che gli avvocati (a) siano in grado di svolgere tutti i loro doveri professionali senza ostacolo, intimidazione, molestia o indebita interferenza; (b) possano viaggiare e consultare liberamente i propri clienti, sia in patria che all’estero; e (c) non siano fatti oggetto, ne siano minacciati, di essere sottoposti a procedimento oppure a sanzioni economiche o altro per qualsiasi azione intrapresa in conformità con i loro obblighi e principi professionali riconosciuti e con la loro deontologia “ (Principio no. 16).