Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione della professione di avvocato
Intervento del Presidente dell’Oiad Leonardo Arnau
Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione della professione di avvocato
XXXVI Congresso Nazionale Forense
Torino 15.10.2025.
Sono davvero lieto ed onorato di poter rivolgere, a nome dell’OIAD, un indirizzo di saluto al convegno odierno, che rappresenta una felice e quanto mai opportuna premessa all’avvio dei lavori congressuali, perché ci consente di interrogarci sul senso più profondo della nostra professione.
Ancora più significativo che si parli della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione della professione di avvocato presso la Fondazione Forense, intitolata alla memoria di un martire dell’Avvocatura e della democrazia italiane, il Presidente Fulvio Croce, che 56 anni fa ospitava proprio qui, a Torino, il Congresso nazionale forense.
Un ringraziamento particolare deve essere allora tributato al Comitato organizzatore, al Presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco e alla Delegazione italiana del CCBE, guidata da Daniela Giraudo, così come alla presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino Simona Grabbi ed alla Fondazione Croce.
Saluto i Presidenti delle avvocature europee presenti, parliamo la stessa lingua, ci alimentiamo di identici valori.
Il tema della tutela della professione forense e del significato che essa assume nella nostra società, ha radici antiche, basti pensare all’Enrico VI di Shakespeare.
The first thing we do, let’s kill all the lawyers
La frase è curiosa e insieme piuttosto truce. Ma il senso non è quello che appare. Nell’opera di Shakespeare è chi vuole impadronirsi con la violenza del potere e sovvertire l’ordine pubblico a incitare a sbarazzarsi di tutta la categoria, come prima cosa da fare.
Dunque, è un riconoscimento della funzione degli avvocati, difensori dei valori di giustizia e di civiltà.
La professione di avvocato ha un significato che ne giustifica l’esistenza.
Riflessioni come quelle che scaturiranno da questo convegno ci aiutano a preservare l’orgoglio per quello che facciamo: un orgoglio che non deve essere compiacimento né ricerca di riconoscimento sociale, ma consapevolezza e responsabilità.
Gli avvocati spesso non godono di buona fama nell’opinione pubblica, al punto che l’invito a eliminarci tutti può far sorridere.
Ma la difesa che assicuriamo è fondamentale non solo per chi assistiamo, ma per ogni persona, per la collettività e per i diritti fondamentali di ciascuno.Il problema di fondo relativo ai diritti dell’uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. È un problema non filosofico ma giuridico e politico.
Quella sollevata da Norberto Bobbio in L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990, è una preoccupazione che riguarda solo alcune aree del mondo, in particolare quei paesi che si trovano al di fuori del perimetro occidentale. L’Occidente ama associare la sua identità alla storia dei diritti umani e alla costruzione di una società in cui la tutela di questi stessi diritti è garantita. Al di là delle zone d’ombra che hanno reso questo processo tutt’altro che lineare, chi guarda all’odierna mappa dell’Europa non può non considerare la presenza di vasti territori in cui la protezione dei diritti umani non è un dato consolidato.
Per questo, a distanza di trentacinque anni dalla adozione dei Principi Fondamentali relativi al Ruolo dell’Avvocato, adottati dalle Nazioni Unite nel corso dell’Assemblea Generale tenutasi a L’Avana dal 27 agosto al 7 settembre 1990 (A/RES/45/121), il Consiglio d’Europa ha adottato, in data 12 marzo 2025, il primo trattato internazionale a protezione della professione di avvocato, per rispondere ai crescenti attacchi alla professione, con minacce, intimidazioni e vere e proprie aggressioni o interferenze nello svolgimento del proprio lavoro.
La convenzione è il frutto di più di due anni di stretta collaborazione tra il Comitato europeo di cooperazione giuridica (CDCJ) e il Comitato di esperti sulla protezione degli avvocati (CJ-AV). È vincolante e dedicato specificamente alla protezione degli avvocati. Il CNF e l’OIAD hanno partecipato attivamente alla stesura della convenzione.
La collega Nadia Germanà Tascona ha rappresentato l’Italia in seno al comitato, mentre l’avv. Massimo Audisio ha rappresentato l’Oiad, membro osservatore.
La Convenzione impone agli Stati di garantire l’indipendenza e l’autogoverno degli ordini professionali, nonché di disporre misure adeguate a difesa dell’indipendenza e del libero esercizio della professione forense.
Viene istituito un obbligo di consultazione delle associazioni forensi su “proposte del governo relative a qualsiasi modifica della legislazione, delle norme procedurali e amministrative che incida direttamente sull’attività professionale degli avvocati e sulla regolamentazione della professione”.
La Convenzione è stata aperta alla firma degli stati il 13 maggio scorso. Per la ratifica sarà necessaria la firma di almeno otto Stati membri e la sua corretta attuazione verrà garantita da un gruppo di esperti (GRAVO – Group of experts on the protection of the profession of lawyer) che potrà organizzare visite per monitorare la situazione nei paesi aderenti, in accordo con le autorità nazionali. In base a quanto riportato dal GRAVO il Comitato delle parti (composto dai rappresentanti degli Stati firmatari) potrà rivolgere raccomandazioni agli Stati.
Un potente memento: finché ci sarà un’ingiustizia, ci saranno le voci degli avvocati a denunciarla.
Colpire gli Avvocati significa indebolire i principi fondanti dello stato di diritto riconosciuti dalle convenzioni internazionali, privando i cittadini della possibilità di difendersi da accuse ingiuste. Gli Avvocati che subiscono violenze ed intimidazioni, in molti casi pagano il loro impegno con la vita, oppure vengono assimilati ai loro clienti, finendo per essere accusati di concorso negli stessi reati dei quali i loro assistiti sono imputati, secondo uno schema consolidato.
Difendere la libertà dell’esercizio della professione forense in qualunque
Stato e contesto sociale equivale a salvaguardare lo Stato di diritto. E senza Stato di diritto non può esserci vera democrazia. Riaffermare questo principio non è mai superfluo, se solo si considera che, secondo una recente ricerca commissionata dal settimanale britannico Economist, solo il 5,7% della popolazione mondiale vive in Stati di democrazia compiuta o completa (democracy index).
Non possiamo dimenticare che lo stato di diritto vive sempre in un precario equilibrio e neanche il nostro fa eccezione. Per questo motivo dobbiamo seguire con attenzione ciò che succede nel mondo, perché le spinte autoritarie travalicano facilmente le frontiere.
Il modo in cui vengono rappresentati e trattati gli avvocati ed i difensori dei diritti umani è una spia della circolazione del virus autoritario. Gli avvocati, a qualunque latitudine, difendono la libertà e i diritti delle persone, ne sono portatori e chi calpesta i diritti umani, in primo luogo, aggredisce l’avvocatura che ha il compito di tutelarli.
Mettere sotto osservazione i luoghi dove questa patologia si manifesta non vuol dire occuparsi arbitrariamente di questo o quello Stato straniero: significa occuparsi di sé stessi (significa essere autenticamente avvocati e cittadini) e contribuire a preservare la democrazia.
La Giornata internazionale dell’avvocato in pericolo, per il 2025 dedicata ai colleghi bielorussi, ci richiama all’essenza più autentica dell’essere avvocati oggi, perché ci impone la consapevolezza di svolgere un ruolo costituzionale e sociale a difesa dei valori democratici, in Italia, così come a livello internazionale.
Lì dove la libertà dell’avvocato, e dunque il diritto di difesa del cittadino, è minacciata o negata, lì è in pericolo la libertà di un Paese.
Tutelare la libertà dell’esercizio della professione forense in qualsiasi Stato e contesto sociale equivale a salvaguardare lo Stato di diritto. E senza Stato di diritto non può esserci vera democrazia.
Il nostro essere avvocati, in altri termini, esige che ogni persona goda di pari protezione dinanzi alla legge e impedisce l’uso arbitrario del potere da parte dei governi, a qualunque latitudine; significa garantire a tutti la tutela ed il rispetto dei diritti politici e civili fondamentali, nonché delle libertà civili. Ecco perché colpire gli avvocati significa indebolire i principi fondanti del patto sociale che regola i rapporti tra le autorità pubbliche ed i cittadini.
Dobbiamo allora ribadire che, in tema di tutela dei diritti, non c’è e non può esserci un silenzio degli innocenti, perché l’umanità abbandonata, (particolarmente quella che vive sotto le maglie di regimi autoritari) avrà almeno e sempre la voce dell’avvocatura a propria difesa.
Questa occasione, ben lungi dall’essere retorica, ci consente di affermare nuovamente che Avvocato è colui che, sempre, subordina tutto sé stesso agli scopi dell’ordinamento e dell’istituzione in cui opera, allo scrupoloso rispetto delle regole, tecniche e deontologiche, della propria professione.
Ci invita, ancora una volta, ad affermare che la garanzia dell’effettività dei diritti della difesa contraddistingue i sistemi democratici rispetto alle dittature e ai regimi illiberali. E che il nostro impegno in questo senso non può mai cessare, pena rinnegare noi stessi.
Un grande impegno ci attende, in questo 2025, per la difesa dei diritti fondamentali. Insieme dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi. L’avvocatura farà la sua parte, fino in fondo.
